Il nostro omaggio a Leonardo Sciascia

Federcaccia Sicilia ricorda così lo scrittore siciliano, nel centenario della nascita, che si definiva un “buon tiratore”

Lo scrittore in una foto di Nino Catalano tratta da: “Leonardo Sciascia La memoria, il futuro” Almanacco Bompiani 1999

Leonardo Sciascia, cresciuto nella casa di zie e zii, a Racalmuto, oltre a leggere i libri che trovò nella modesta biblioteca di famiglia, trascorse momenti fondamentali per la sua formazione non solo nelle discussioni delle tre zie che raramente uscivano di casa, ma anche nella sartoria dello zio che si trovava, fino agli anni della giovinezza di Sciascia, nel pianterreno della casa di via Regina Margherita (ora via Leonardo Sciascia), recentemente aperta al pubblico grazie ad un privato, Pippo Di Falco, che l’ha acquistata e resa un piccolo museo.

Scrive Sciascia: “Mio padre e mio zio, cacciatori appassionati, e i loro amici,  mi facevano tirare sempre qualche colpo a bersaglio. Sono stato, fino a qualche anno fa, poi non ho più provato, un buin tiratore: con un fuciletto ad aria compressa, a dieci metri, colpivo la capocchia di un fiammifero…”.

Questa curiosa “posa” di Leonardo Sciascia, nella sua campagna di contrada Noce, a Racalmuto, è dell’estate del 1979. È tratta dal catalogo Bompiani dedicato a Sciascia del 1999 e curato da Matteo Collura che scrive: “Può fare impressione questa immagine dello scrittore che della non-violenza e della tolleranza fece le ragioni della sua vita di uomo e di intellettuale. Ma l’abitudine a imbracciare un fucile per lui, racalmutese, risaliva agli anni adolescenziali. Allora, nelle campagne della Sicilia era un brulicare di doppiette; nei circoli e nelle botteghe artigiane era un continuo programmare battute di caccia, un ininterrotto sfidarsi con fucili, cani e furetti”.

Sono tante le pagine dei libri di Sciascia dedicate a battute di caccia e cacciatori. Tra questi ci piace ricordare “Il giorno della civetta” e “A ciascuno il suo“.

In occasione del centenario della nascita di Leonardo Sciascia, nel 2021, FIDC Sicilia donerà alla Casa-museo Sciascia di Racalmuto due pannelli, realizzati dal giornalista Salvatore Picone, dedicati alle citazioni dello scrittore sulla caccia siciliana e nello specifico a immagini e vicende di cacciatori racalmutesi. I pannelli saranno esposti accanto a quelli realizzati dalla “Strada degli scrittori”, l’associazione culturale diretta dal giornalista Felice Cavallaro.

Il racconto del monaco e del sagrestano

Continuiamo a pubblicare i racconti di Alessio Palazzolo dedicati al mondo venatorio ed agricolo

C’era una volta nel Santuario del Furi, un monaco cacciatore e un sagrestano che l’aiutava. Spesso andavano a caccia insieme, e tra di loro, erano d’accordo che ogni volta che gli altri cacciatori chiedevano come era andata la giornata di caccia, il sagrestano doveva confermare quanto affermato dal monaco che gli avrebbe dato tre tarì. Una di queste volte, scendendo dal Santuario verso il paese, passarono dal Circolo dei cacciatori, e quando chiesero loro come era andata la caccia, il monaco rispose: “Bene, ieri abbiamo preso due conigli e una beccaccia.”Il sagrestano confermava e guadagnava tre tarì. Un’altra volta, andando in paese, passarono di nuovo dal Circolo e quando gli chiesero: “Priore, è uscito a caccia stamattina?”, rispose: “Certo che sono uscito! Stamattina abbiamo preso una volpe, un coniglio e una coturnice”. Il sagrestano confermava e prendeva tre tarì.

Ogni volta era così e i racconti fatti dal monaco e confermati dal sagrestano risultavano più veritieri. Un’alta volta ancora, passando dal Circolo, un cacciatore gli chiese cosa avessero preso e lui rispose che aveva preso due coturnici. Ma preda ormai delle sue bugie, avendoci però preso gusto, si scordò di avere un fucile ad una sola canna e gli raccontò la cacciata: “Con il cane in ferma, mi si sono alzate in perpendicolare da terra due coturnici, una si è buttata in picchiata verso valle e l’altra verso monte. Sparando, le ho prese tutte e due”. Il cacciatore che ascoltava chiese allora: “Priore, ma come ha fatto a prenderle tutte e due, se una si è buttata verso valle e l’altra verso monte?” Allora il monaco rispose: “Figliolo, come ho fatto? Sparando mezza cartuccia ad una e mezza cartuccia all’altra!” Appena il monaco finì di raccontare la cacciata, il sagrestano gli disse: “Priore, fino ad adesso ne ha raccontate di palle, ma una così grossa non l’aveva sparata mai! Questa non è palla di tre tarì!”.

Alessio Palazzolo

IL RACCONTO Lo zio Peppino mi raccontò